Un posto al sole e la svolta esoterica: la trama con Michele e Agata divide il pubblico

La soap Un Posto al Sole, da sempre punto di riferimento per chi cerca un racconto ancorato alla realtà quotidiana, sta vivendo una fase narrativa che ha diviso pubblico e critica.

L’introduzione di una storyline basata su elementi esoterici e chiaroveggenza, con protagonista la sensitiva Agata, ha suscitato reazioni contrastanti: da chi la considera un’interessante deviazione dal consueto realismo della serie, a chi invece vede in questa scelta un pericoloso scivolamento verso la legittimazione di credenze infondate.

Agata Rolando (Maria Cristina Mastrangeli) e l'infermiera Iolanda (Patrizia Pozzi) © Un Posto al Sole Rai

Nella trama attuale, Michele Saviani, da sempre il personaggio più razionale e scettico della soap, si sta lasciando guidare da allucinazioni e sogni legati ad Agata, una donna presentata come sensitiva. Nonostante l’incredulità generale, Michele è arrivato addirittura a credere che lei possa indicargli, in sogno, il luogo in cui è sepolto il corpo di Assane, mettendosi nei guai pur di seguire quella visione. Una svolta narrativa che, da simbolica e ambigua nelle prime puntate, si è via via trasformata in un’affermazione sempre più chiara: Agata ha davvero dei poteri paranormali.

La questione che si pone non è solo narrativa, ma anche etica. Una soap che per anni ha raccontato con rigore la vita reale – comprese le difficoltà sociali, economiche e familiari – rischia ora di avallare, seppure in forma di fiction, l’idea che la chiaroveggenza sia una possibilità concreta.

I sensitivi nella realtà: tra mito e danni reali

Nella cronaca, purtroppo, non mancano i casi in cui le forze dell’ordine si sono lasciate coinvolgere – spesso su insistenza delle famiglie – dall’aiuto di sensitivi nella speranza di risolvere casi di persone scomparse. Il caso più noto è quello dell’olandese Gerard Croiset, considerato da molti un “veggente infallibile”, ma i cui errori sono ampiamente documentati. Croiset arrivò persino a causare enormi ritardi in importanti indagini, come nel caso dei bambini scomparsi ad Adelaide nel 1966, quando le sue visioni portarono a scavi inutili e costosi.

Casi più recenti, come quello della medium italiana Maria Rosa Busi nel 2005, hanno avuto grande risonanza mediatica, ma nascondevano in realtà deduzioni basate su dati già noti agli investigatori. Il parapsicologo Wilhelm H.C. Tenhaeff e il giornalista Harrison Pollack hanno provato a “validare scientificamente” alcune di queste figure, ma con metodologie ben lontane da un reale rigore scientifico.

A smontare sistematicamente questi casi ci pensa da anni il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), fondato anche con il contributo di Piero Angela, che ha dimostrato più volte come le presunte capacità dei veggenti siano nella maggior parte dei casi riconducibili a tecniche di cold reading, intuizioni banali o pura fortuna.

Fiction e responsabilità culturale

Se è vero che la fiction ha il diritto di esplorare ogni registro narrativo, è altrettanto vero che Un Posto al Sole ha costruito la sua autorevolezza proprio sulla coerenza realistica e sull’impegno civile. Non si tratta di censurare l’immaginazione o il simbolico, ma di chiedersi se un racconto tanto radicato nella vita vera possa permettersi di suggerire, nemmeno troppo implicitamente, che il paranormale sia reale. Il rischio è quello di rafforzare credenze pericolose, soprattutto in chi si trova in situazioni di dolore, lutto o fragilità.

Resta da vedere se questa deriva resterà un episodio isolato o se Un Posto al Sole continuerà su questa strada. È lecito attendersi che il finale della vicenda restituisca un equilibrio narrativo e non lasci spazio a una pericolosa ambiguità. Perché, anche se la fiction può tutto, il confine tra immaginazione e disinformazione – specie su temi così delicati – non dovrebbe mai essere ignorato.

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