Il sole sorge su Midyat, ma la luce che filtra tra le tende è ingannevole: dietro ogni sorriso si nasconde una ferita, dietro ogni gesto un inganno. Dopo le ultime rivelazioni, la città vive in apnea, mentre le famiglie Aslanbey e Şadoğlu si preparano a nuove battaglie — non sempre combattute con le armi, ma con sguardi, parole e verità taciute per troppo tempo.

Reyyan è al centro del ciclone. La sua gravidanza, inizialmente protetta da una bugia detta a Hazar, è ora l’unico legame che tiene insieme brandelli di speranza e famiglie spezzate. Ma nel cuore della ragazza non c’è pace. Il sogno del melograno, con il frutto spaccato e il dolore lancinante al ventre, continua a tormentarla. Quel sangue, quell’angoscia… È solo un incubo o la profezia di una maledizione che si avvera?

Sultan non ha dimenticato né perdonato. Davanti alla bara di Aslan, il suo dolore si è tramutato in furore. Le parole pronunciate — “Che Allah ti tolga il bambino!” — sono state lanciate come una freccia infuocata. E se fosse davvero una maledizione? E se le lacrime di Reyyan fossero il segno che qualcosa di terribile sta per accadere?

Nel frattempo, Fusun osserva tutto con il suo solito sguardo calcolatore. È una donna di pazienza e strategia. Ha visto Azize perdere potere, ha assistito al ritorno di verità sepolte, ma ora ha un obiettivo preciso: il bambino di Reyyan. Non vuole solo vendetta, vuole riscrivere l’intera dinastia degli Aslanbey. “Aspetteremo la nascita… e poi agirò,” sussurra a Sultan, lasciando intuire un piano oscuro, più subdolo di qualunque vendetta precedente.

Azize, da parte sua, è ormai spogliata della sua corona di terrore. Non è più la donna invincibile che manipolava Midyat come un burattinaio. Le sue notti sono popolate da incubi, da preghiere silenziose e da immagini del passato. Ha chiesto perdono davanti alla tomba di Aslan, ma la sua redenzione ha un prezzo altissimo: Fusun la ricatta. Se vuole rivedere Dilshah — che lei stessa credeva morta — dovrà rinunciare a tutto: al cognome Aslanbey, alla sua casa, al suo passato.

Tre giorni. Questo il tempo che ha per decidere. Ma Azize non è solo un’ex matriarca. È ancora una madre, una nonna, una donna che ha commesso orrori ma che ora vuole rimediare. E per salvare Reyyan e il suo bambino, è pronta a tutto.

Mentre tutto questo si consuma, nella villa Şadoğlu c’è un fragile tentativo di normalità. Hazar e Miran lavorano fianco a fianco per ampliare la casa. Gul corre tra le stanze, raccontando fiabe e cercando un posto per il fratellino. Eppure, anche in questo quadro idilliaco, c’è tensione. Reyyan non sa come rapportarsi a Mafuz, l’uomo che ha scoperto essere il suo vero padre. Lo ha affrontato, gli ha restituito il ciondolo, ma lui ha solo chiesto un abbraccio. “Non ho il diritto di chiederti perdono, ma ho il dovere di amarti da lontano,” le ha detto con gli occhi lucidi.

Reyyan è combattuta. Miran cerca di rassicurarla: “Hazar ti avrebbe incoraggiata a perdonarlo. Lo ha fatto anche con me.” Ma il cuore di una figlia tradita è più complesso di quanto sembri. E intanto, nella villa, si prepara una cena importante: una serata di pace, un simbolo di unità, un messaggio per gli amici… e per i nemici.

Fusun arriva con Harun e Yaren. Pretende che vivano nella villa Aslanbey, rivendicando diritti di sangue. Gonul si oppone con tutte le sue forze. “Non avete il nome Aslanbey, non potete restare.” Sultan cerca di mediare, ma Fusun è inflessibile. Il conflitto tra loro è solo all’inizio.

Intanto, Esma cerca di spiegarsi con Firat. Anni di silenzi, di ricatti, di bugie pesano sulle sue spalle. “Se avessi parlato prima, forse non ci sarebbero state così tante anime spezzate,” la accusa Firat. Ma le parole non bastano. Servono gesti. E verità.

La notte cala. Reyyan è a letto, mentre Miran taglia la legna fuori. L’aria è dolce, il cielo stellato, ma dentro di lei cresce un’angoscia. Ogni movimento del bambino è una gioia… e un timore. Ripensa alle parole di Sultan, al sogno, al sangue, alla mano ustionata che la salva. Miran entra con la colazione, ma l’odore del latte la nausea. Un altro segno? O solo l’effetto della gravidanza?

Fuori, Hazar arriva con delle travi di legno. “Sono venuto ad aiutarvi a costruire una casa più grande. Una casa per il futuro.” Miran lo guarda e lo chiama papà. Hazar si illumina. È il momento che ha sempre sognato.

Ma la vera tempesta sta arrivando. Azize deve scegliere. Fusun è pronta a colpire. Reyyan vive tra speranza e paura. E Sultan… Sultan ha giurato che la sua vendetta non è finita. “Se Azize ha aspettato trent’anni, io posso aspettare nove mesi,” ha detto. E quei nove mesi stanno passando…